Uomini liberi

Tutti i bambini prima di diventare grandi, prima di avere opinioni, prima di costruirsi come persone imparano a guardare il mondo attraverso i comportamenti degli adulti ed è inevitabile, per loro, assorbire quel che c’è intorno costantemente. I bambini imparano attraverso lo sguardo degli adulti che le bambine amano il rosa e le bambole, che i bambini adorano la lotta e le macchinine. Che è così perchè è così da sempre. Un bambino queste cose non le sa. Liberamente senza saperlo sceglie con cosa giocare e si diverte ad essere chi vuole, perchè può esserlo… perchè in potenza può trasformarsi in qualunque cosa. Per i grandi è diverso. Esiste un giudizio sociale, esiste una “dignità da difendere”, esiste un ruolo da interpretare. I bambini di oggi, fortunatamente, sono nati in un contesto più fluido più capace di eliminare degli stereotipi ma non per questo meno violento e meno pronto al giudizio. E’ in questo contesto che va probabilmente inserita la sfilata di Gucci uomo di quest’anno che parla di società più che di moda. Una passerella che urla il bisogno di ritrovare quella libertà dei bambini che si guardano allo specchio e si riconoscono, qualsiasi cosa abbiano indosso.

jared leto
ghali
alessandro borghi

Dalla pagina Instagram di Gucci il manifesto della sfilata che recita:  “In una società patriarcale, l’identità di genere maschile è spesso modellata da stereotipi violentemente tossici. Un modello di mascolinità dominante, vincente e opprimente è imposto ai bambini alla nascita. Gli atteggiamenti, il linguaggio e le azioni finiscono per conformarsi progressivamente ad un ideale macho di virilità che rimuove la vulnerabilità e la dipendenza. Ogni possibile riferimento alla femminilità è bandito in modo aggressivo, poiché è considerato un minaccia contro l’affermazione completa di un prototipo maschile che non consente divergenze. La mascolinità tossica, infatti, nutre abusi, violenza, sessismo e non solo. Condanna gli uomini stessi a conformarsi a una virilità fallocratica imposta per essere accettati socialmente. In altre parole, la mascolinità tossica produce allo stesso tempo oppressori e vittime. Sembra quindi necessario suggerire una diserzione, allontanarsi dai piani e dai costumi patriarcali.  Decostruire l’idea di uomo che è stata storicamente costruita. Aprire la gabbia. Lanciare un canto.  È tempo di celebrare un uomo che è libero di praticare l’autodeterminazione, senza vincoli sociali, senza sanzioni autoritarie, senza stereotipi soffocanti. Un uomo che è in grado di riconnettersi con il suo nucleo di fragilità, con le sue insicurezze e la sua tenerezza. Un uomo in ginocchio di fronte alla resa, che onora le paure e le sue spine. Un uomo pieno di gentilezza e cura. Un uomo che conta sugli altri, che brucia il mito dell’autosufficienza. Un uomo che è anche sorella, madre e sposa.  (…)  Un uomo che complica la trama delle proprie affettività, aprendosi a relazioni non gerarchiche. Un bambino, capace di fare capriole audaci e giocose, che si stupisce con stupore quando il mondo diventa nuovo. Un uomo gravido di catene spezzate. Non si tratta di suggerire un nuovo modello normativo, piuttosto di rendere libero ciò che era rinchiuso. Rompere un ordine simbolico, che al giorno d’oggi è inutile. Nutrire uno spazio di possibilità in cui “il maschile” può scrollarsi di dosso la sua tossicità, per riguadagnare liberamente ciò che gli è stato portato via. E, facendo questo, tornare indietro nel tempo, imparando a disimparare.”

Un messaggio cui si può aggiungere poco, forse niente. E che potrebbe essere riassunto in una frase molto semplice “Sii chi ti pare ma sii felice” che forse è il vero messaggio che dovremmo imparare a trasmettere alle generazioni che verranno…

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