Moda e cinema: una lunghissima storia d’amore

 

La storia d’amore fra moda e cinema è lunghissima ed ha costruito le basi del nostro immaginario. Eppure non è sempre stato così. Negli anni 20, infatti, le attrici provvedevano personalmente ai loro abiti di scena e soltanto per i film in costume si ricorreva alle sartorie teatrali. Non passò molto tempo però prima che i pionieri del cinema si accorgessero che gli abiti erano fondamentali per la riuscita del film. La prima femme fatale aiutata da abiti unici e creati appositamente per il suo ruolo in “Salomè” fu Theda Bara vestita da  Natacha Rambova, futura moglie di Rodolfo Valentino.

 

 

Theda Bara in Salomé nel 1918.

 

 

Già a partire dalla fine degli anni venti la moda era diventata imprescindibile per il cinema. Addirittura erano i film a dettare legge in fatto di moda molto più dei grandi sarti del tempo.  Hollywood stessa diventò uno dei luoghi in cui non solo la moda veniva mostrata al mondo ma in cui la moda veniva creata. Vennero creati, in quegli anni reparti cinema in tutti i grandi magazzini dove si potevano acquistare a modici prezzi copie degli abiti usati nei film. Uno dei magnati in questo campo fu Bernard Waldman che fondò il Modern Merchandising Bureau, una società che acquistava i diritti di riproduzione degli abiti indossati dalle dive e li metteva in vendita in negozi come “Cinema Fashion”.

 

 

Theda Bara, una delle prime femme fatale, in Cleopatra nel 1917.

 

 

 

Con l’avvento del sonoro il rapporto fra moda e cinema cambiò. L’attenzione ai tessuti e alle rifiniture divenne sempre più importante ed i colori iniziarono a dominare lo schermo. Alcuni materiali come il taffetà giudicato troppo rumoroso ed i gioielli troppo vistosi e tintinnanti vennero aboliti per lasciare spazio a materiali più silenziosi.

 

 

Completo Armani per American Gigolò.

 

 

 

Uno degli abiti che fece capire agli esordi della collaborazione fra moda e cinema che il rapporto che intercorreva fra i due era potentissimo fu l’esplosione del look disegnato da Adrian per Greta Garbo in “Destino” un film del 1928. Fu infatti in quel film che la Garbo lanciò la moda poi imitata ovunque del cappello a cloche e del trench foderato di lana a disegno scozzese. Altra attrice in voga in quegli anni fu sicuramente la Crawford che non disponeva però di un fisico così longilineo come la sua collega ma per cui fu pensato un tailleur dalle spalle imponenti. Dopo essere apparso  in “Ritorno” del 1932 l’abito a forma di triangolo capovolto indossato dalla diva venne venduto in milioni di copie.

 

 

Joan Crawford

 

 

 

 

Banton, capo-costumista della Paramount dal 1927 al 1938, creò invece i celebri tailleur dal taglio maschile per Marlene Dietrich, fonte di ispirazione per Saint Laurent e Armani. Orry Kelly, anche lui costumista in quegli anni ma per la Warner Brothers divenne invece famoso per i costumi creati per Bette Davis ne “La figlia del vento”. L’abito rappresentava per “La figlia del vento” una parte cruciale della trama e connotava molti dei tratti della protagonista. Indimenticabile il frammento in cui Bette Davis partecipa con un abito rosso ad una festa in cui l’abito bianco è di rigore.

 

 

 

Marlene Dietrich che rese celebre il completo da uomo indossato dalle donne.

 

 

 

“La figlia del vento” con Bette Davis

 

 

 

 

Famosissimo anche il lavoro di Walter Plunkett che vestì Vivien Leigh nei panni di Rossella O’Hara. Il personaggio subisce molte metamorfosi e gli abiti nella pellicola riescono ad assecondare quei cambiamenti descrivendo una crescita emotiva del personaggio. Nella prima scena Rossella viene presentata con il celebre abito bianco guarnito da ruches, per sottolineare ancora il suo candore; nei momenti della speranza è vestita di verde, ed è vestita con delle tende quando va a chiedere il prestito. Rossi sono gli abiti della passione e della vergogna: la vestaglia di velluto o l’abito a guaina impreziosito di piume che è costretta ad indossare per dimostrare la sua colpevolezza.

 

 

 

Vivien Leight in “Via col Vento” nel 1939

 

 

 

 

Con l’entrata in guerra degli Stati Uniti si conclude l’epoca più bella di Hollywood. Nel 1942 il governo varò una legge in base alla quale non si poteva spendere più di una determinata somma per confezionare gli abiti. Ben presto però a questa legge venne aggiunta la carenza di tessuti per colpa della quale i vecchi costumi di scena furono distrutti per riutilizzare le stoffe. I film patriottici prodotti durante la guerra diffusero la voga dei tailleur squadrati e degli abiti semplici. Orry Kelly è stato l’autore dei tailleur più copiati della storia del cinema: quello nitido e squadrato indossato da Ingrid Bergman in “Casablanca” 1942. Sempre in quel film Bogart avrebbe rivoluzionato per sempre la moda maschile introducendo  il trench ed il borsalino portato leggermente inclinato sul lato.

 

 

 

 

Humphrey Bogart ed Ingrid Bergman in Casablanca.

 

 

 

 

Con l’arrivo degli anni 50 ed il diffondersi sempre maggiore della televisione ci fu un drastico mutamento non solo nella percezione del grande schermo ma anche nel rapporto fra pubblico e divi del cinema. L’inarrivabilità e la perfezione dei vecchi divi sostituì un modello molto più umano e fragile.  Eppure fu proprio alla metà del 1955 che arrivò Marilyn Monroe in “Quando la moglie è in vacanza” . Nel film la Monroe venne vestita da William Travilla, il quale scelse il famoso abito bianco che viene sollevato dal vento. L’abito fu acquistato in un grande magazzino creando un nuovo rapporto tra cinema e moda. Da quel momento in poi il rapporto fra cinema e moda si modificò e contribuì a portare in auge, anche grazie alla sempre maggiore attenzione nei confronti della Monroe, i tacchi vertiginosi, gli scolli all’americana ed i capelli color beige chiarissimo.

 

 

 

“Quando la moglie va in vacanza” con Marilyn Monroe.

 

 

 

Grace Kelly, è stata una delle più grandi icone di moda arrivata con il suo look da upper class fino ai nostri giorni. In netta contrapposizione con Marilyn, Grace Kelly portò al successo i look arricchiti con un filo di perle ed il foulard di seta legato sotto il mento. A lei si deve inoltre la creazione della mitica borsetta creata da Hermes, in seguito ribattezzata Kelly.

 

 

 

Grace Kelly

 

 

 

 

Brigitte Bardot così come Grace Kelly, Sophia Loren e Gina Lollobrigida furono senza dubbio delle icone del loro tempo. La Bardot influenzò milioni di donne con il suo look ingenuo e provocante composto da ballerine e pantaloni alla pescatora. Il look delle star divenne da allora anche un look ricercato nelle boutique di città, imitato, voluto e seguito. Sofia Loren diffuse la moda delle cinture dalla vita altissima, come quella indossata nella scena del mambo in “La donna del fiume”  del 1955. La Lollobrigida fu invece l’artefice del lancio della grazie moda degli abiti sdruciti e attillati e dei nastri tra i capelli grazie a “Pane, amore e fantasia”.

 

 

 

 

 

 

 

Il caso particolare che segnò l’unione inscindibile fra moda e cinema fu quello di Audrey Hepburn 1953 divenuta famosa con “Vacanze romane” nel 1953. Sabrina, film uscito solo l’anno dopo segna il punto nodale del rapporto professionale proficuo fra un costumista e uno stilista. Il regista infatti, Wilder, decise per la seconda parte del film di affidarsi ad un couturier della moda francese: Hubert de Givenchy. Tra l’attrice e il sarto nacque un grande legame, tanto che la vestì anche in “Cenerentola a Parigi” 1957 e “Colazione da Tiffany” 1961. Grazie a quest’ultimo film l’attrice lancia la moda dei grandi occhiali scuri e dei lunghi tubini neri.

 

 

 

Sabrina – Audrey Hepburn

 

 

 

Negli ultimi decenni il successo della moda è stato sempre meno condizionato dal successo di un solo film, a causa della diffusione dei media e dell’emergere dei contesti più vari. Le star televisive sempre più presenti hanno levato luce nel tempo alle grandi star del cinema. In tempi più recenti stilisti e cinema hanno collaborato e fatto esplodere tantissime mode.  Si pensi al successo del completo bianco di Travolta in “La febbre del sabato sera” o alle scarpe di Madonna in “Evita” nel 1996 realizzate da Ferragamo.

 

 

 

Saturday night fever

 

 

 

Fu invece Armani a fornire i suoi abiti nel 1980 per “American Gigolò”, Pulp Fiction e nel 1987 per “Gli Intoccabili”, unico film per il quale realizzo appositamente gli abiti.  Un legame, quello fra moda e cinema, che a pochi giorni dal venticinquesimo anniversario di Pretty Woman sembra più saldo che mai. Un film che con Julia Roberts e la sua Vivian condizionò la moda del periodo, portò gli stivali al ginocchio in passerella e modificò per sempre la percezione di alcuni abiti. Alcuni film hanno un potere che è quello di catturare delle storie e dei mood che sono nell’aria e che una volta messi su pellicola esplodono ancora più potenti conquistando un posto nella nostra fantasia insieme a quei personaggi così simili e così diversi da noi che nei decenni abbiamo follemente amato.

 

 

 

 

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